La storia di Farhad Nuri, il giovane afghano che ha compiuto una strage a Monaco di Baviera, è la storia di un fallimento delle politiche di accoglienza e integrazione in Italia prima ancora che in Germania. Faraday era infatti sbarcato da noi ormai nove anni fa. Era stato segnalato a Reggio Calabria il giorno dopo a Brescia. Aveva allora appena 15 anni e scappava da Kabul, ormai liberata dai talebani, dove i giovani sognavano l'Occidente.In Germania era stato trattato da minore non accompagnato, dunque affidato a una struttura di accoglienza e una volta maggiorenne, nonostante la sua richiesta d'asilo fosse stata per due volte respinta, il processo di espulsione era stato sospeso nel 2020 perché gli era stato concesso un permesso di soggiorno e di lavoro. Insomma, non era stato cacciato in manette, come abbiamo visto fare di recente, purtroppo negli Stati Uniti o in Gran Bretagna.Eppure Farhad si era radicalizzato come Anis Amri il giovane tunisino che nello stesso anno in cui Farhad sbarcava in Europa, compiva in un mercatino di Berlino una terribile strage con un camion. Anche Amri era passato da noi, era sbarcato in Italia, anche Amri era andato in Germania. Non sono insomma casi isolati, anzi. Il ripetersi di attentati di questo genere negli ultimi giorni in Germania sta contribuendo alla crescita nei sondaggi dell'estrema destra xenofoba tedesca che minaccia direttamente la società aperta nel Paese cruciale cerniera dell'Europa. Le prossime imminenti elezioni in Germania. Insomma, accoglierli tutti nella speranza che il nostro benessere, la nostra libertà, la nostra cultura facciano il miracolo dell'integrazione, non sembra davvero la via maestra per disinnescare l'odio e il risentimento verso di noi.